La sferzata ti arriva addosso violenta. Ti aspettavi che il tema avrebbe, prima o poi, scatenato previsioni funeree. Ma non così. Non in questo modo!
Poi rifletti e ti viene il dubbio che, in realtà, contro la miope sete irrefrenabile per lo sviluppo e per il business delle nuove tecnologie, Noi esseri umani dobbiamo essere trattati in questo modo. Strattonati. Richiamati alla realtà. Messi di fronte ai rischi che stiamo correndo. Al tipo di mondo che lasceremo ai nostri figli e nipoti. Jaime D’Alessandro, lo specialista di “Futuro” di Repubblica, ha incontrato nei giorni scorsi ad Austin, Texas, Jonathan Nolan, fratello minore di Christopher, il regista di Dunkirk.
Jonathan, con la moglie Lisa Joy, ha presentato proprio ad Austin la seconda stagione della serie televisiva Westworld durante il South By Southwest, appuntamento annuale degli specialisti di prodotti audio-televisivi. Westworld è una produzione HBO che Sky Atlantic HD trasmetterà dal prossimo mese di aprile. La serie si svolge a puntate in un parco a tema del prossimo futuro popolato da robot identici agli umani quasi in tutto. In questo parco del futuro i ricchi visitatori umani possono azzardarsi a superare ogni barriera etica prendendosi praticamente una vacanza da se stessi. Naturalmente la trama è caratterizzata da numerosissimi colpi di scena e da vere e proprie rivoluzioni sorprendenti nei rapporti tra le macchine e i visitatori umani.
Nolan, proprio perché si occupa di Futuro e di come sarà la nostra vita con l’esplosione della Intelligenza Artificiale, è pessimista. Drammaticamente consapevole dei rischi che stiamo correndo senza autoregolamentarci nello studio e sviluppo delle varie tipologie di robot che diventeranno protagoniste del nostro domani. “Se l’apocalisse scatenata dall’Intelligenza Artificiale avvenisse – dice Nolan – per mano di androidi simili a noi, potremmo considerarci fortunati”.
Lo sorprende l’ottusità con cui noi umani ci stiamo gettando nel precipizio di un mondo sconosciuto e ricco di incognite: “Viviamo – continua Nolan – in un periodo di “stupidità artificiale” e manipolazione dei social media. Non serve una super intelligenza per plasmare l’umanità attraverso Twitter e Facebook. Bastano algoritmi molto meno raffinati”.
Ci stiamo suicidando in massa con il sorriso sulle labbra: “C’è un fraintendimento di fondo: stiamo aspettando di veder sorgere la super intelligenza artificiale, quella in grado di spazzarci via – è la sintesi di Nolan – e invece non serve. Basta molto meno. Westworld si svolge nel futuro ma i suoi problemi sono già nel presente. Avremmo dovuto fermarci e riflettere come abbiamo fatto con la genetica. Se affronteremo il problema dell’Intelligenza Artificiale con la stessa superficialità che abbiamo usato nel campo dei social media, siamo fregati”.
Nolan ha rilasciato l’intervista prima dell’inizio dello scandalo Facebook-Cambridge Analytica e le sue parole sembrano una profezia. Come Pickett ha già scritto in diverse occasioni su questo blog, l’area di vero rischio prospettico è quella della autoprogrammazione dei robot. Noi gli diamo le istruzioni iniziali con software sofisticati e adeguati, ma poi lui, il robot, si autogenera nuove istruzioni. Ricordate l’esempio del “ranger robot”? Bene, ma quali saranno le sue nuove decisioni, “figlie” delle istruzioni da lui autoprodotte? Come si comporterà di conseguenza? Con quale autonomia rispetto agli umani? “L’errore – precisa Nolan – è immaginare l’Intelligenza Artificiale come dotata di una qualche forma di empatia. Basta guardare AlphaGo, o ancora più AlphaZero (le due Intelligenze Artificiali più avanzate di Google) per rendersene conto: non abbiamo idea esattamente di cosa siano capaci di fare essendo in grado di programmarsi da sole. In un certo grado non sono più nemmeno nostre creazioni … Nella seconda stagione di Westworld gli androidi cominciano ad avere una loro coscienza e scoprono di non essere umani. La questione è: quanta umanità decideranno di tenere? Quante di quelle emozioni per le quali sono stati concepiti adotteranno? Se dovessimo iniziare a manipolare i nostri corpi con protesi hi-tech o cambiando il DNA, ci dovremmo fare la stessa domanda”.
È affascinante ma nello stesso tempo scioccante ascoltare le riflessioni di Nolan su un tema che diventa di alta filosofia relativo alla nostra coscienza, al suo perimetro, alla possibilità che anche gli androidi ne possano avere una: “Quando cominciammo a scrivere io e mia moglie, con sorpresa scoprimmo quanto sulla coscienza ne sappiamo ancora poco. Abbiamo scoperto dove sono localizzate alcune funzioni del cervello, ma la coscienza è ancora un punto interrogativo. Il collegare la sua nascita con la voce interiore mi ha affascinato. Lo chiamiamo monologo interiore, ma di fatto è un dialogo: due parti diverse della mente si parlano”.
Insomma, la rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale è in atto nel suo tumultuoso divenire: ma il dubbio che ci assale e non ci abbandona da tempo è il seguente: quanta consapevolezza abbiamo acquisito su cosa ci stia per esplodere tra le mani?