Circola da qualche giorno in Rete, una specie di petizione di un legale francese, Gilbert Collard, che stimola un approfondimento sul tema dell’apparente e inevitabile conflitto tra l’islamismo e le altre religioni. Una testimonianza dura e spietata che ha aperto, o meglio riaperto, una discussione che ha coinvolto molti esseri umani di pensiero anche diverso e opposto. Ho deciso di pubblicare prima il testo del collega francese, aggiungendovi poi alcune considerazioni personali che possono stimolare ulteriori dibattiti. Passo quindi il microfono al collega Gilbert Collard.

*Tutti i paesi occidentali corrono lo stesso rischio*
Sono stato costretto a prendere coscienza dell’estrema difficoltà di definire cosa sia un infedele, per poter scegliere tra Allah o Cristo; anche perché l’Islam è di gran lunga la religione in più rapida crescita nel nostro Paese. Ho partecipato ad un tirocinio annuale di aggiornamento, necessario per rinnovare il mio nulla osta di sicurezza carcerario.
In questa fase si è svolto l’intervento di quattro relatori, rappresentanti rispettivamente delle religioni cattolica, protestante, ebraica e musulmana, con l’intento di spiegare i fondamenti delle rispettive dottrine.
Con grande interesse aspettavo la presentazione dell’Imam.
Notevole la presentazione di quest’ultimo, accompagnata da una videoproiezione.
Terminati gli interventi è iniziato il momento delle domande e delle risposte e quando è stato il mio turno ho chiesto:
“Per favore correggetemi se sbaglio, ma credo di aver capito che la maggior parte degli Imam e delle autorità religiose hanno decretato la “Jihad” (guerra santa) contro gli infedeli in tutto il mondo, e che uccidendo un infedele (che è un obbligo imposto a tutti musulmani), si sarebbero assicurati il posto in Paradiso. Se sì, puoi darmi la definizione di infedele?”
Senza opporsi alle mie domande e senza la minima esitazione, l’Imam rispose:
*_”Infedele è ogni non musulmano”_*.
Ho risposto:
“Allora ti assicuro che ho capito bene; gli adoratori di Allah devono obbedire all’ordine di uccidere chiunque non appartenga alla tua religione per guadagnarsi un posto in Paradiso, non è vero?
Il suo viso, che fino ad allora aveva avuto un’espressione piena di sicurezza ed autorità, si trasformò improvvisamente in quello di un ragazzo colto in flagrante con le mani in una zuccheriera!!!
_*”Esattamente”*_, rispose in un sussurro.
Ho ribattuto:
“Quindi, confesso che ho difficoltà a immaginare il Papa che dice ai cattolici di massacrare tutti i vostri sostenitori, o il pastore Stanley che dice la stessa cosa per garantire a tutti i protestanti un posto in Paradiso”.
L’Imam ha perso la voce!
Ho continuato:
“Trovo difficile anche per me considerarmi tuo amico, dal momento che tu e i tuoi confratelli incitate i vostri fedeli a tagliarmi la gola!”
In più ho un’altra domanda:
“Seguiresti Allah che ti ordina di uccidermi per ottenere il Paradiso, o Cristo che mi spinge ad amarti affinché anch’io possa accedere al Paradiso, perché Lui vuole che io sia con te?”
In quel momento si sentiva volare una mosca, mentre l’Imam rimaneva in silenzio.
Inutile dire che gli organizzatori e promotori del Seminario di Formazione non hanno particolarmente apprezzato questo modo di trattare il Ministro del culto islamico e di esporre alcune verità riguardanti i dogmi di questa religione.
Nel corso dei prossimi trent’anni, nel nostro Paese ci saranno abbastanza elettori musulmani da poter insediare un governo di loro scelta, con l’applicazione della “Sharia” come legge.
Mi sembra che tutti i cittadini di questo paese e del mondo dovrebbero essere consapevoli di queste righe, ma il sistema giudiziario e i media liberali combinati con la moda malata del “politicamente corretto”, non permetteranno in alcun modo che questo testo venga pubblicato interamente.
Gilbert Collard, cristiano, cittadino francese e avvocato.”

Questo dunque il testo dell’avvocato francese.

Preliminarmente ci terrei a sottolineare un aspetto di questa delicatissima tematica: non possiamo, a mio avviso, farcela scivolare addosso con quel tratto di indifferenza che ormai caratterizza molte delle nostre condotte. Non è un problema che non ci riguarda, che coinvolge soltanto un cittadino francese in un paese, la Francia, che ha problemi molto più complessi dei nostri: dobbiamo evitare questa rimozione delle questioni complesse o peggio, per alcuni di noi, irritanti, perché senza soluzione, trincerandoci dietro un “così va il mondo!”.

Dobbiamo abituare noi stessi a ragionarci sopra, a mettere “le mani nel fango“ di questioni che toccano la nostra identità, la nostra cultura, il nostro vissuto; il significato stesso di democrazia e di tolleranza, basati sul rispetto delle opinioni altrui, soprattutto quando sono diverse dalle nostre.

L’avvocato Colbert ci sbatte in faccia una tragica realtà a cui dovremmo reagire con strumenti intellettuali e sociologici tipici di cittadini che abbiano acquisito e metabolizzato il concetto di vivere in una comunità, più o meno allargata, basata su una relazione pacifica che include il rispetto di tutte le opinioni purché non manifestate con violenza né fisica né psicologica. Apparteniamo, insomma, ad un insieme di comunità di cittadini che sono stati educati alla tolleranza, alla comprensione, al confronto con idee, opinioni, ragionamenti anche opposti a quelli propri, nell’ottica di condividere una coesistenza pacifica e non violenta.

Detto ciò, mi sembra che dobbiamo partire da un punto centrale di questa spinosa e delicata questione: il rispetto e la tolleranza si basano sul valore della reciprocità di tale condotta. Non è accettabile che una comunità di cristiani accetti l’integrazione con una comunità islamica, permettendo ai musulmani di costruire le loro moschee sui nostri territori, quando invece nel mondo islamico i cristiani sono perseguitati e non hanno il diritto di poter costruire i simboli della loro fede religiosa. Ricordo che fu uno dei primi insegnamenti che mi fece Ernesto Olivero, il fondatore del SERMIG, un uomo che ha fatto dell’integrazione  solidale la mission della sua vita: ebbene Olivero mi disse, da vero e autentico pacifista quale lui è, che il mondo cristiano e il mondo islamico potranno convivere pacificamente nel nostro pianeta soltanto quando il valore del riconoscimento reciproco sarà un valore comune, condiviso, non solo apprezzato ma anche tutelato. Fino a quando non diventerà un patrimonio comune, sarà inutile illudersi, avremo sempre dei problemi di conflittualità fra queste due credenze religiose. La testimonianza dell’avvocato Colbert ci obbliga a non chiuderci nei nostri egoismi ma ad occuparci di questa tematica, affrontando, ciascuno di noi nella sua anche piccola comunità di affetti o di lavoro, questo tema e pretendendo che sia  analizzato non con lo stomaco, non con l’emotività violenta, legata ad episodi offerti dalla drammatica quotidianità in cui stiamo vivendo, ma con la lucidità e il senso di responsabilità che deve avere un cittadino, come noi pretendiamo di essere, membro di una grande comunità moderna, tollerante, solidale e inclusiva.

Solo così possiamo sperare di far diventare questa tematica un “bene comune” da costruire, metabolizzare e sviluppare con condotte coerenti e adeguate, pretendendo ed imponendo il valore della reciprocità. In caso contrario, il futuro che abbiamo davanti a noi sarà funestato sempre di più da scontri di presunte civiltà diverse, scontri che non faranno che acuire le diversità esistenti fra le diverse popolazioni, offrendo, in tal modo, l’opportunità a qualche autocrate da strapazzo, di entrambi i mondi, di candidarsi a risolvere la questione “come lui sa benissimo… come fare”.

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