Ha appena completato il suo primo anno di attività alla DIA.

Un primo anno … vissuto pericolosamente a contatto con le nuove mafie nazionali e internazionali.

Stiamo parlando del generale di Corpo d’Armata della Guardia di Finanza, Michele Carbone, 63 anni, che è stato nominato direttore della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) il 27 luglio del 2023.

Siamo venuti in possesso della relazione con cui il generale ha voluto riportare al Ministro competente una sintesi delle attività svolte dalla DIA in questo suo primo anno da direttore.

Abbiamo pensato di stralciarne alcuni punti perché la lotta alle mafie ci riguarda molto più da vicino di quanto ciascuno di noi possa pensare. Sia come vittime di eventuali crimini commessi ai nostri danni, sia come, anche involontari complici, di attività criminali, apparentemente lecite e facenti parte del nostro sistema produttivo.

Abbiamo pertanto diviso in otto titoli la relazione del generale Carbone, ripercorrendo i passaggi principali del suo pensiero in merito allo stato dell’arte e alle prospettive di quelle che sono le iniziative in atto per limitare o  auspicabilmente sconfiggere lo strapotere delle mafie che ormai dominano i mercati internazionali.

1.La finanziarizzazione delle mafie

Il generale Carbone ci tiene a sottolineare che la finanziarizzazione del riciclaggio e del reimpiego del denaro sporco caratterizza sempre di più la nostra economia, con l’utilizzazione di strumenti sofisticati come i trust, le fiduciarie, le holding di diritto lussemburghese e olandese, le fondazioni, i fondi di investimento, le società anonime, i Cripto Asset Service Provider (CASP): tutti strumenti, sottolinea il direttore della DIA, caratterizzati da una raffinata opacità, in giurisdizioni non cooperative, che agevolano in tal modo l’occultamento e la circolazione dei proventi illeciti: “La ricerca di questi soldi suscita spesso la terribile sensazione di cercare ‘un ago nel pagliaio’”.

2.Il riciclaggio e le cripto valute

Gli asset criptografici sono sempre più coinvolti nel riciclaggio di denaro, frutto di illeciti tradizionali off line come narcotraffico, estorsioni e frodi.

Questo è un cambiamento radicale di modello rispetto al passato.  Soltanto qualche anno fa i fondi illeciti, detenuti in criptovalute, tendevano per lo più a provenire da illeciti on line (truffe telematiche e/o attacchi informatici). Le agenzie di tutto il mondo che si occupano della repressione di questi fenomeni, come la DIA, devono affrontare sfide sempre più impegnative nel rintracciare questi flussi illeciti che “mescolano con tecniche di mixing, criptovalute contaminate e legittime oltre ad usare swap e bridge per ‘saltare’  da una blockchain all’altra e offuscare la destinazione finale dei profitti delle attività illecite”.

Il generale Carbone è un convinto assertore del grande insegnamento di Giovanni Falcone “follow the money” per sconfiggere davvero le mafie soprattutto quelle internazionali, ma oggi è davvero complesso riuscire ad adottare strumenti di controllo adeguati alla creatività illecita dei delinquenti.

3.Criptovalute e normativa

È essenziale per il generale Carbone che le criptovalute siano trattate come qualsiasi altra risorsa ai fini del monitoraggio e delle norme antiriciclaggio. La regolamentazione europea si sta muovendo per impedire lo shopping delle giurisdizioni da parte dei criminali che approfittano dei nuovi “paradisi digitali” dove ci sono leggi e controlli più deboli in materia di cripto asset.

4.Le mafie e il modello economico

Secondo un recente rapporto dell’Europol l’80% delle organizzazioni mafiose in Europa utilizza le imprese nelle loro attività illecite.

Anche in Italia tale fenomeno è in pieno sviluppo e consente alle mafie, attraverso l’utilizzo di imprese apparentemente lecite, di infiltrarsi negli appalti, influenzare il mercato e la pubblica amministrazione, creare consenso sociale, riciclare o  muovere fondi illeciti.

Mentre una volta il nostro vissuto immaginava le mafie operative soprattutto nel meridione del nostro paese, oggi la mappatura del crimine è profondamente cambiata.

La reddittività e la recettività del territorio settentrionale – precisa il generale Carbone – è particolarmente promettente per “la connivenza di professionisti e imprenditori senza scrupoli”. Qui siamo chiamati in causa tutti in quanto il rischio di trovarci quotidianamente per motivi professionali di fronte a possibili esponenti di organizzazioni criminali, è notevolmente aumentato.

Dobbiamo aumentare la vigilanza e dobbiamo essere molto più rigorosi nel verificare i requisiti formali e sostanziali dell’imprenditore o del professionista che ci hanno cercato per una nuova operazione.

Molto più delicato è il tema delle imprese in crisi, quelle in cui l’imprenditore è destinato a fallire e cerca di evitarlo a tutti i costi. È proprio in queste situazioni che si verificano sempre di più episodi in cui al cancello di quella impresa si presentano fantomatici intermediari che promettono concretamente investimenti di denaro decisivi per la salvezza dell’azienda… ovviamente in cambio di pacchetti azionari o garanzie similari.

In tal modo l’imprenditore, nel breve, salva l’azienda (perché i soldi arrivano e sono “figli” del riciclaggio) ma nel medio termine scopre non solo che l’azienda non è più sua, ma che magari è diventata lo strumento di attività illecite.

Dobbiamo ascoltare con grande attenzione il richiamo del generale Carbone perché questa è nei nostri mondi professionali ed imprenditoriali una delle emergenze prioritarie da non sottostimare.

5.Il narcotraffico

La spina dorsale dell’azione mafiosa è il traffico di droga, in cui la ‘ndrangheta calabrese gioca un ruolo da protagonista. Secondo aggiornate stime internazionali, alimenta i flussi finanziari illeciti globali e il riciclaggio di denaro sporco per oltre 780 miliardi di dollari su un totale di 3100 miliardi.

6.PNRR, cantieri, opere pubbliche

Per il generale Carbone la sola azione penale non è sufficiente: è fondamentale la prevenzione tanto giudiziaria quanto amministrativa. La DIA è in prima linea con Prefetti e Ministero dell’Interno. Abbiamo pendenti degli eventi in cui ci sarà un grande movimento finanziario come appunto il PNRR, il Giubileo universale del 2025, i Giochi invernali olimpici di Milano-Cortina 2026, dobbiamo organizzare strumenti di monitoraggio e repressione degli illeciti adeguati all’importanza anche reputazionale di questi appuntamenti in calendario.

7.Le mafie e l’evasione fiscale

Si osserva un sempre maggior coinvolgimento delle mafie nella realizzazione di ingenti frodi fiscali su iva, accise e crediti di imposta, attraverso false fatturazioni gestite da articolate reti di società “cartiere” spesso con ciclo di vita  molto breve (“apri e chiudi”) nate per emettere fatture per operazioni inesistenti, ottenerne il pagamento e retrocedere “sottobanco” il denaro alle imprese beneficiarie della frode, decurtato ovviamente dalla provvigione per l’intermediario.

Un settore delicato che stiamo guardando con grande attenzione – sottolinea il generale Carbone – è quello “della commercializzazione e monetizzazione di falsi crediti di imposta derivante principalmente dai vari bonus edilizi (Superbonus, Bonus-facciate, Sismabonus) ma anche quelli per “Ricerca e Sviluppo” ceduti a terze società, più o meno consapevoli, che li hanno utilizzati per compensare imposte e contributi previdenziali”.

8.Gli eventuali rimedi normativi

Serve una nuova fattispecie aggravata di reato, l’associazione a delinquere finalizzata ai crimini economici”. Il crescente interesse delle mafie verso gli illeciti fiscali ha già stimolato il legislatore ad intervenire con il Decreto legge n. 19/2024 (quello sul PNRR 4) che ha modificato il Codice Antimafia integrando con l’aggiunta dei reati tributari più gravi il catalogo dei “Delitti spia”, della permeabilità dell’impresa a infiltrazioni e condizionamenti da parte delle consorterie criminali, al ricorrere dei quali l’Autorità Amministrativa è vincolata all’emissione della misura interdittiva antimafia.

Insomma, per concludere, la fotografia che ci ha fornito il nuovo direttore della DIA dimostra un estendersi dei fatturati dell’economia malavitosa, anche attraverso strumenti sempre più sofisticati e creativi, ma i nostri responsabili dell’ordine pubblico, come ci dimostrò già il magistrato Gratteri in un suo recente saggio, sono impegnati “pancia a terra” da un lato nella repressione dei reati e dall’altra nell’educazione formale e sostanziale dei nostri imprenditori e di noi professionisti per alzare il livello dell’asticella della prudenza, diligenza ed attenzione ogni qualvolta ci troviamo ad instaurare delle nuove relazioni di lavoro con dei soggetti terzi non conosciuti.

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